La crisi mineraria che investì il bacino di Castelnuovo nel secondo dopoguerra, provocò licenziamenti, gestioni illegali delle miniere da parte dei minatori, manifestazioni e scontri di piazza. Furono battaglie importanti per la salvaguardia del posto di lavoro e del salario. Canzoni di protesta accompagnavo spesso le manifestazioni dei minatori. Fra queste ci sono alcune ottave del “poeta minatore Agostino Carnasciali”. Di solito si pensa che l’ottava rima, i poeti a braccio siano retaggio della cultura contadina. In realtà capita di imbattersi anche in poeti a braccio minatori e di solito le loro ottave si legano sempre a momenti “salienti” del contesto lavorativo. Ne rappresentano un caso specifico i poeti di Rotondo, frazione di Sassoferrato, dalla zona del monte Catria, del monte Strega e del Doglio, che “cantavano” ai tempi delle miniere di zolfo a Cabernardi, nelle Marche, ma pare che capitasse anche in Valdarno. Queste ottave sono state donate al centro di documentazione del museo.
LA CRISI MINERARIA di Castelnuovo dei Sabbioni 1949-1950.
(Nel leggera questa poesia bisogna tener presente il clima rovente e la situazione di disagio che spinsero l’autore a scrivere queste OTTAVE).
I – Siamo nell’anno novecentocinquanta
lavoro alle miniere di lignite
dove di produzione n’esce tanta
e molte industrie vengon rifornite.
Or sentite il padrone cosa inventa:
mette le spedizion diminuite,
non può più proseguir tutti i lavori
e a centinaia vuol mandarci fuori.
II – Qui le proteste dei lavoratori
non potendo accettar la condizione
perché senza lavoro son dolori
e comincia il contrasto col padrone.
Ma loro fanno sempre i superiori
Anche se han torto voglion ragione
visto l’accordo non volevan mai
la diedero in gestione a noi operai.
III – Allora sì, ci misero nei guai
la spedizion ci vennero a bloccare
per metter la discordia tra operai
e farci quanto prima ripiegare.
I governanti si chiamaron noi
per poter le due parti accomodare
promettendoci appoggio con ragione
mentre loro appoggiavano il padrone.
IV – Allor continuò l’agitazione
questa gestione si chiamò LA.MI.VA.
fu messa fuori tanta produzione
e tutta ferma lì, non si spediva.
Allor fu presa un’altra decisione
per veder se qualcuno interveniva
giunti alla Pasqua pien di pene e affanni
costretti a farla in piazza a S. Giovanni.
V – Questo non è perché si sia tiranni
ma è il bisogno che ce lo fa fare
a chi manca alimento scarpe e panni
la lotta non bisogna abbandonare.
Altre Pasque così stiano cent’anni
questa alla storia si dovrà segnare;
a ripensarci sorge quasi il pianto
è il frutto che ha portato l’Anno Santo.
VI – O Padre Eterno tu che porti il vanto
perdonaci se siamo peccatori
nel mondo lo creasti tutto quanto
ma non creasti poveri e signori.
Oggi chi è ricco non si cura tanto
e ai tuoi programmi non danno valori
dicesti di aiutare i poverelli
mentre per questi hanno i manganelli.
VII – Ora, prego un esame che si faccia
verso l’autorità più competente
perché cessi quest’odio e la minaccia
e riportar la pace tra la gente.
E tra cristiani non darsi la caccia
e di amarsi un po’ più fraternamente
se il popolo tenete schiavo e privo
anche chi è buono diventa cattivo.
VIII – Ora più tante cose qui non scrivo
mi son deciso di farla finita
chi di coscienza non si trova privo
se la volea capir l’avrà capito.
Il lavoro è un problema primitivo
e quello a tutti quanti dà la vita
speriamo presto che venga l’accordo
a chi gli spetta non faccia da sordo.
Un poeta minatore
Agostino Carnasciali