Il Ronco: 1938-1946

Il 15 giugno di 81 anni fa era una giornata dal tempo incerto con forti e improvvise piogge. Il Ronco era un piccolo paese fatto di case per i minatori costruito dalla Società Mineraria nei primi anni del XX secolo. Poche case all’inizio, poi il paese aveva iniziato ad ospitare più famiglie. Era diviso in due “parti”: il Ronco di Sopra e quello di Sotto, collegati da una piccola scaletta. Ti accoglieva un piccolo madonnino sulla via d’accesso al paese, c’era il circolo, la cooperativa, la pista da ballo e la chiesa dedicata a Sant’Antonio, piccola, ad una sola navata con la canonica.

Era un giorno particolare il 15 giugno, quello della Festa del Ronco. Così il paese era stato addobbato e messo a lustro: festoni ovunque intrecciati con foglie di castagno, bossolino e all’ingresso un arco verde. Tutto era pronto anche per i fuochi d’artificio, con i tre pennoni dinanzi alla chiesa. Il cartellone alla fine della via principale ricordava a tutti l’imminente tombola. La Banda suonava con precisione Cavalleria Rusticana e musiche del Bellini in attesa del gran finale. La giornata era stata intensa: la processione la mattina e nel pomeriggio la corsa campestre….

Otto anni dopo al Ronco si parlava d’altro. L’ingegnere della Società Mineraria era stato inviato nella zona per capire la situazione delle vicine miniere e fare il punto su quanto accaduto a cavallo della guerra. Nel 1943 nei pressi dell’abitato erano iniziati alcuni lavori di sterro a mano per l’apertura di una cava destinata allo sfruttamento delle parti residue del giacimento di lignite. Dai primi rilievi effettuati l’ingegnere si rese conto che nel tempo gli antichi coltivatori avevano asportato buona parte della lignite, benché essa fosse ancora presente.

Trovò le tracce della vecchia ferrovia, ormai dismessa che dall’abitato del Ronco portava al campo sportivo e poi al raccordo ferroviario e ai piazzali delle  Bicchierarie e i resti dei lavori di sbancamento, chiusi nel maggio 1944 per il passaggio della guerra. L’ingegnere riuscì così a stimare che fra il 1943 e il 1945 al Ronco erano stati scavati 15.000 mc di terra e asportate 3500 tonnellate di lignite dalla testa del banco.

La questione che doveva affrontare era piuttosto semplice: aprire al Ronco una cava a cielo aperto?

Ovviamente le indagini, i rilievi, insomma le ragioni tecniche ed economiche spingevano in quella direzione. C’era il problema del borro Percussente da risolvere che attraversava la zona e scorreva a sud dell’abitato; un torrente che aveva sempre dato problemi con le sue esondazioni. Sfociava nel lago Pulini, quello che nel 1939 avevano pensato di interrare con l’aiuto di un escavatore meccanico… Il perimetro della vecchia cava del Ronco era ancora riconoscibile, vi si era lavorato a cielo aperto e in galleria; nel piazzale della nuova cava del Ronco si riconosceva ancora la buca in corrispondenza della discenderia mentre la casa Vanni, poco distante, era stata ricavata nella cabina del vecchio argano della discenderia della miniera.

Il territorio era stato compromesso da tempo e la soluzione migliore sarebbe stata senza dubbio una cava a cielo aperto.

Passarono ancora pochi anni e l’esodo degli abitanti cominciò. Oggi del Ronco non resta più niente…


(P. Bertoncini)

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