I fatti del ’98

Eugenio Moneti, ricorda così, nel suoi diari la storia dei fatti del ’98, del 1898, che tanto scalpore fecero nel bacino minerario del Valdarno. Eugenio era nato a Castelnuovo, e lì ha vissuto una parte della sua vita, prima che gli eventi della storia e la militanza politica lo portassero in Francia. La sua casa non era molto distante da dove oggi sorge il museo MINE…

Dei fatti del ‘98  ne ho sentito parlare dagli anziani e da mio padre, in particolare, che ci aveva partecipato. Ricordo però bene una cosa: ho visto per la prima volta i bersaglieri con la papalina rossa e i fucili accampati nel nostro paese. Noi ragazzini si girava intorno a loro, ci accarezzavano offrendoci qualche cosa che ci potesse far piacere. Anche la trombetta che suonava la truppa destava la nostra ammirazione. Il ’98 è passato alla storia per essere stato un anno di sommossa e violenze un po’ in tutta l’Italia…

In verità la prima lotta di massa i minatori l’avevano fatta contro la Mineraria anche prima di aver formato le Leghe di Resistenza. Nel  ‘98 così, senza organizzazione sindacale, decidevano di riunirsi tutti davanti gli uffici della Direzione per reclamare condizioni di vita migliore di un lavoro di 12 ore per giorno e 12 notti nel fondo delle gallerie con un salario appena sufficiente per vivere. Il problema era sentito da tutti. Era bastato qualche settimana perché al giorno e all’ora fissata i lavoratori fossero tutti al luogo indicato. La Direzione a conoscenza dell’intenzione degli operai aveva fatto venire i carabinieri comandati da un tenente della vicina stazione di San Giovanni. Gli operai riuniti, circa un migliaio, si misero a reclamare ad alta voce le loro rivendicazioni. La Direzione fece sapere che avrebbe ricevuto una commissione e che sarebbe stata ascoltata. La delegazione fu nominata rapidamente.

Una volta in presenza del direttore e dei suoi collaboratori, il tenente dei Carabinieri ordinava ai suoi uomini di arrestare tutta la commissione e subito gli faceva mettere le manette. Alla voce dell’arresto dei suoi rappresentanti la massa degli operai indignata manifestava con collera e subito tutti gli operai decidessero di impedire il trasporto dei compagni arrestati alla prigione mandamentale di San Giovanni Valdarno. Divisi in gruppetti bloccarono con traverse e altro materiale la via ferrata imbullonando anche le verghe perché la macchina con i vagoni pronti non potesse partire.L’affare si complicava. I compagni arrestati restavano chiusi negl iuffici, nessuno sortiva. Gli operai assediavano la palazzina; solo nella notte inoltrata con l’arrivo di una compagnia di Bersaglieri da Firenze i carabinieri poterono partire per le carceri.

L’indignazione fu grande fra le popolazioni del bacino minerario.

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